Ci sono giorni che la grammatica non è il tuo forte e allora se scrivi qualcosa ti esce pieno di errori di grammatica, quindi a quel punto è meglio che non scrivi e basta. Sono quei giorni che ti sembra quasi che l’italiano non è neanche la tua lingua, e ti viene da chiederti a te stesso se per caso sei rimasto scemo quando sei caduto quel giorno dallo scivolo a sei anni, che ti eri fatto un male tanto che te lo ricordi anche adesso, e pensi che forse se non ci salivi sullo scivolo adesso eri più intelligente e ci avevi la laurea in medicina e la macchina bella in garage.
Ci sono giorni invece, giorni che ad alcune persone capitano anche troppo spesso, in cui l’uso della virgola e dell’inciso - strumenti linguistici poco e mal sfruttati, benché un loro uso appropriato, come fanno notare molti autori, possa fare la differenza tra scritti piacevoli e scritti, per così dire, di scarso valore letterario - ti prende la mano, e ti porta a costruire periodi eccessivamente lunghi e contorti, al punto da dare al lettore contemporaneo, abituato dal cinema e dalla letteratura di massa a un linguaggio semplice e immediato fatto di periodi brevi, l’impressione di aver scordato, a fine frase - o addirittura già a metà, nei casi di lettori particolarmente disattenti o poco allenati - l’inizio della stessa, e quale ne sia l'argomento. In giorni come questi, nonostante la buona volontà dello scrittore - il quale, credendosi quel giorno particolarmente ispirato, vorrebbe approfittare del momento opportuno per lasciarsi alle spalle il blocco che da troppo tempo gli impedisce di scrivere qualcosa di buono - alla pratica della scrittura è lecito, e per certi versi doveroso nei confronti del lettore, preferire una uscita con gli amici.
Poi praticamente altri giorni ti viene naturale scrivere come parli, cioè, usi tutti quegli intercalari tipici di quando parli, come ma sì, cioè, in pratica, diciamo, praticamente, eccetera eccetera. E all’inizio sembra quasi che suoni bene una cosa così, è moderna, diciamo che fa molto bloggher figo, fa molto Jack Frusciante. Sì ma la verità è che, come dire, fa molto bloggher sedicenne pippaiolo. E poi dai, Brizzi non sapeva ancora scrivere quando ha fatto Jack Frusciante, andiamo. Io me ne intendo di letteratura, ti pare. Però la cosa, la tipa, Violenta Placida o come si chiama, lei era una bella gnocca nel film, c’è poco da dire.
Ci sono giorni giusti per scrivere e giorni giusti per pensare, giorni per uscire e giorni per studiare. L’importante è svegliarsi la mattina e capire subito che tipo di giorno sarà, così si evita di fare brutta figura.
Oggi, per esempio, era il giorno giusto per dormire, ma l’ho capito troppo tardi.
Ci sono giorni invece, giorni che ad alcune persone capitano anche troppo spesso, in cui l’uso della virgola e dell’inciso - strumenti linguistici poco e mal sfruttati, benché un loro uso appropriato, come fanno notare molti autori, possa fare la differenza tra scritti piacevoli e scritti, per così dire, di scarso valore letterario - ti prende la mano, e ti porta a costruire periodi eccessivamente lunghi e contorti, al punto da dare al lettore contemporaneo, abituato dal cinema e dalla letteratura di massa a un linguaggio semplice e immediato fatto di periodi brevi, l’impressione di aver scordato, a fine frase - o addirittura già a metà, nei casi di lettori particolarmente disattenti o poco allenati - l’inizio della stessa, e quale ne sia l'argomento. In giorni come questi, nonostante la buona volontà dello scrittore - il quale, credendosi quel giorno particolarmente ispirato, vorrebbe approfittare del momento opportuno per lasciarsi alle spalle il blocco che da troppo tempo gli impedisce di scrivere qualcosa di buono - alla pratica della scrittura è lecito, e per certi versi doveroso nei confronti del lettore, preferire una uscita con gli amici.
Poi praticamente altri giorni ti viene naturale scrivere come parli, cioè, usi tutti quegli intercalari tipici di quando parli, come ma sì, cioè, in pratica, diciamo, praticamente, eccetera eccetera. E all’inizio sembra quasi che suoni bene una cosa così, è moderna, diciamo che fa molto bloggher figo, fa molto Jack Frusciante. Sì ma la verità è che, come dire, fa molto bloggher sedicenne pippaiolo. E poi dai, Brizzi non sapeva ancora scrivere quando ha fatto Jack Frusciante, andiamo. Io me ne intendo di letteratura, ti pare. Però la cosa, la tipa, Violenta Placida o come si chiama, lei era una bella gnocca nel film, c’è poco da dire.
Ci sono giorni giusti per scrivere e giorni giusti per pensare, giorni per uscire e giorni per studiare. L’importante è svegliarsi la mattina e capire subito che tipo di giorno sarà, così si evita di fare brutta figura.
Oggi, per esempio, era il giorno giusto per dormire, ma l’ho capito troppo tardi.
6 commenti:
sincera ammirazione.
Sei tornato! E alla grande direi! :-)
Devi essere affetto da narcolessia ipnagogica cataplessica.
Prova a buttari su "La casa del sonno" di Jonathan Coe.
Magari ti svegli.
Milde
P.S...e fammi sapere per quel programma con tramonto a Pesaro. Brizzi ci scriverebbe un romanzo, te c'è il rischio che t'addormenti in macchina però alla malparata ti buttiamo in acqua dai...fai uno sforzo e aggregati :)
ué.
Mi permetto di lasciare una segnalazione. Un feto di radio si muove, se tentiamo un'ecografia nelle ore giuste si rischia perfino di scorgere qualcosa:
http://www.iltraghettomangiamerda.com/radio.htm
Forse a breve il parto.
Au revoir,
°^*JeS$!©A'94*^° aka Pan Jot
Questo post è staordinario!
yuk yuk!
mai troppo tardi per scoprire che giorno è!
che tanto se pensavi che fosse un'altro giorno, hai agito come se quel giorno fosse quello che hai creduto, e quindi quello giusto per fare quello che hai fatto...
hemm...non so se è il giorno giusto per le spiegazioni...
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